Nuove incertezze per la situazione del settore affitti brevi, soprattutto nel rapporto tra inquilino e proprietario in tempo di emergenza sanitaria, ecco i 5 nodi più spinosi. Cerchiamo di dare delle risposte.

 

 

L’inquilino resta nell’alloggio oltre scadenza a causa della preoccupazione per il Covid. Deve essere considerato inadempiente?

 

In linea di massima, si. Il caso specifico è quello di un inquilino che decide di isolarsi per timore personale collegato all’epidemia. Anche se umanamente può essere comprensibile, questo comportamento è legalmente riconosciuto come inadempienza contrattuale. Quindi, indipendentemente dalla durata o finalità della locazione, valgono le norme civilistiche in tema di inadempimento (art. 1218 c.c.) e il conduttore inadempiente è tenuto al risarcimento del danno: così l’art.1591, che prevede che “Il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno”. Non è presente, perciò, il motivo (paura, timore personale o altro) che ha portato l’inquilino a rendersi non pagante: la normativa ha la finalità di fornire una forma di risarcimento minima per l’ingiustificata mancata disponibilità dell’alloggio da parte del locatore, cui, potrà aggiungersi – con prova da parte del locatore del maggior danno e della sua entità – un ulteriore risarcimento.

 

 

Se l’inquilino è soggetto a misure di quarantena e non lascia l’immobile è inadempiente?

 

Diverso e più articolato è il caso in cui l’inquilino sia costretto a rimanere nell’immobile, ritardando la riconsegna, a causa di un ordine di un’autorità superiore (per esempio l’obbligo di isolamento domiciliare) o comunque per ragioni oggettive e non riconducibili alla sua volontà. Mancano norme emanate ad hoc. Rimane pertanto il principio per cui l’inquilino possa liberarsi dell’obbligo risarcitorio, se prova che l’inadempimento non sia a lui attribuibile. Esibendo, ad esempio, il provvedimento che applica le misure di quarantena. La responsabilità prescritta dall’art.1591 c.c. è di natura contrattuale, quindi: “il locatore ha il solo onere di provare il ritardo, ma non il dolo o la colpa del conduttore, al quale, invece, spetta il più gravoso onere di provare la impossibilità della riconsegna per una causa a lui non imputabile.” (m. Cass. n. 2306/2000). Per evitare le incertezze del giudizio è comunque possibile negoziare una soluzione conciliativa non appena la problematica inizia a manifestarsi.

 

 

L’inquilino in difficoltà economica causa Covid  non riesce a pagare: è attuabile lo sfratto?

 

Fino al 31 dicembre 2020, grazie alla proroga della previsione di cui all’art 17 bis del c.d. Decreto Rilancio (convertito in legge), è sospesa l’esecuzione degli sfratti. Vero è che il conduttore resta obbligato pagamento del canone: nel nostro sistema una difficoltà economica del debitore-conduttore non giustifica il ritardato o inesatto adempimento dell’esecuzione degli obblighi pecuniari assunti. Né l’attuale situazione d’emergenza ha modificato questo principio cardine del nostro sistema: restano dunque applicabili i rimedi civilistici in tema di inadempimento e risarcimento del danno (art. 1218 c.c. e 1223 c.c.). Ma si determina comunque un danno per il locatore, posto che il recupero per via giudiziaria dei canoni non pagati dal conduttore non “sfrattabile” è costoso e solo ipotetico.

 

 

L’inquilino in difficoltà economica causa Covid ha diritto a rinegoziare il canone?

 

Per le locazioni ad uso abitativo non esiste alcun diritto alla rinegoziazione dei canoni (di recente affermato invece, in tema di locazioni commerciali, dall’Ordinanza de Tribunale di Roma n. 29683/2020). In linea di massima quindi, anche in situazioni di difficoltà economica, di per sé non giustificative di inadempimento, il canone va pagato così come pattuito. Certamente si possono richiamare criteri connessi agli obblighi di correttezza e buona fede nell’interpretazione e nell’esecuzione del contratto previsti dal nostro ordinamento (art. 1175 c.c. e 1375 c.c.) ma resta affidato al giudice eventualmente chiamato ad esprimersi qualsiasi valutazione. È sempre possibile invece, la rinegoziazione volontaria dei canoni: da tenere presente infatti che il nostro ordinamento predilige la conservazione del contratto (art. 1372 c.c.) mediante revisione rispetto alla caducazione del rapporto negoziale. 

 

 

L’inquilino ha diritto a recedere anticipatamente causa Covid?

 

Il regime vincolistico delle locazioni a uso abitativo di cui alla L.431/1998 (art. 3, comma 6) considera illegittimo il recesso dal contratto se il conduttore non fornisce prova del grave motivo e non ne dà comunicazione al locatore con preavviso di sei mesi. La giurisprudenza ha individuato vari criteri per identificare questo “grave motivo” ma tra questi non rientrano, ad oggi, la perdita di interesse per la permanenza nell’alloggio a causa della mutata situazione lavorativa o di studio determinata dalla pandemia Covid, per esempio. Se l’inquilino abbandona in anticipo l’alloggio è quindi tenuto a pagare quanto pattuito ed eventualmente a risarcire i danni provocati al locatore. Rimane infine sempre aperta le possibilità di negoziare una pacifica risoluzione consensuale. Diverso la situazione se era stata prevista una specifica pattuizione contrattuale in proposito.

 

 

I percorsi per tutelarsi

 

Le norme che regolano le situazioni patologiche generate dalla pandemia Covid sono in buona parte derogabili dalle parti tramite idonee pattuizioni. Quindi, per scongiurare il rischio di una dislocazione delle conseguenze economiche della possibile criticità esclusivamente su una parte, è bene attrezzarsi in anticipo. Può convenirsi, ad esempio, in clausole atipiche, l’obbligo dell’inquilino di pagare un corrispettivo parametrato al canone pattuito della locazione fino al rilascio dell’immobile eventualmente ritardato rispetto agli accordi anche per cause non imputabili al debitore. Possono anche essere previste contrattualmente soluzioni per l’ipotesi di sopravvenienze sperequative del contratto (c.d. hardship clause). Può essere disposta idonea pattuizione per il recesso, prevedendo modalità e tempistiche e correlandolo eventualmente, con le opportune cautele, a un deposito cauzionale. Data la conoscenza della situazione di emergenza globale sarebbero libere forme di assunzioni del rischio, oramai basate su informazioni alla portata di tutti.

 

 

 

 

Fonte: IlSole24ore

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