Il ritorno dell’emergenza sanitaria trova sicuramente più pronti gli operatori degli affitti brevi. Scopriamo le linee guida imposte dall’ultimo DPCM, con un occhio particolare alle prescrizioni e alle nuove politiche di cancellazione dei portali dell’intermediazione turistica e immobiliare.
Il Dpcm dell’8 ottobre ridisegnava già gli adempimenti e i protocolli a carico degli operatori: informazione, pulizia e sanificazione degli spazi comuni, utilizzo dei DPI e conservazione dei dati degli alloggiati per 14 giorni. Su questa linea i portali dell’intermediazione online impongono specifiche linee guida ai loro utilizzatori. Si tratta in questo caso di disciplina contrattuale, non di disposizioni normative: pertanto le conseguenze civilistiche, in caso di inadempimento, sono più immediate ed incisive delle sanzioni previste per la violazione delle norme amministrative dei DPCM.
Criteri molto simili guidano anche le politiche di cancellazione recentemente introdotte da tutti gli intermediari online. E questo sia per quanto riguarda i portali tradizionali del turismo che si occupano delle locazioni brevi, sia per i nuovi intermediari del settore immobiliare dedicato a locazioni di medio termine.
Le piattaforme di Affitti Brevi
Portali come Airbnb, in questo periodo di emergenza, avevano già dichiarato di intervenire direttamente sospendendo o rimuovendo gli annunci che generavano problemi o che ricevevano sistematicamente valutazioni basse rispetto alle aspettative in termini di qualità. Adesso però chiedono anche (ed è un obbligo, oggi, non più un suggerimento) un modello semplificato in 5 fasi a cui gli host hanno tempo fino al 20 novembre per dichiarare di aderire. In mancanza, si legge sui portali, l’account dell’alloggio non allineato “potrebbe essere soggetto ad avvisi, a sospensioni e, in alcuni casi, alla rimozione da Airbnb”. Una contestazione che, è da ritenere, possa emergere solo in sede di recensioni, non avendo Airbnb altro strumento di verifica.
Booking, pur meno incisiva, offre comunque linee guida per una struttura “sicura e pulita.”
Novità nell’ambito delle politiche di cancellazione delle prenotazioni.
Nella prima ondata Covid le piattaforme hanno spesso deciso di sciogliere il rapporto contrattuale tra host e guest per qualunque causa, anche solo dichiarata, legata alla diffusione del nuovo virus: e questo a prescindere dalle disposizioni applicabili.
Il nuovo approccio, meno impattante per host e operatori, è stato recentemente indicato da Airbnb, che ha chiarito che “circostanze personali impreviste, ad esempio […] subire la cancellazione di un volo” per le prenotazioni di alloggi con data di check-in o di inizio a partire dal 20 gennaio 2021, non saranno più considerate eccezioni in grado di derogare ai termini di cancellazione concordati tra le parti. Si legge nella comunicazione rivolta agli host: “spetterà a voi non a noi, decidere se fare un’eccezione e fornire un rimborso”. Una posizione che suggerisce un avvicinamento alla impostazione del nostro sistema civilistico, che concepisce un rapporto contrattuale risolvibile solo per volontà delle parti o per circostanze straordinarie previste dalla Legge. E il lockdown da Covid, ormai, è purtroppo diventata una circostanza che non riveste più il carattere della imprevedibilità. Restano, come “circostanze attenuanti”, gli “eventi su larga scala, come terremoti o pandemie”. Dove l’ultimo termine, ovviamente, contraddirebbe in parte l’impostazione generale.
Leggermente diverso l’atteggiamento di Booking, i cui termini di cancellazione rimangono legati “alle condizioni della prenotazione e a eventuali leggi sulla tutela dei consumatori”. Nessuna cancellazione o rimborso automatico. Tali possibilità, si legge nel sito: “dipendono da diversi fattori, tra cui la destinazione del viaggio, la data in cui hai prenotato, quella di partenza e quella di arrivo, il tuo Paese di origine e il motivo del viaggio”.
Fonte: Hospitality Law Lab