La recente corsa all’adattamento del settore locativo e ricettivo si rivela molto pericolosa dopo l’ultimo DPCM. Proprietari e property manager cercano strumenti contrattuali nuovi, più appropriati alla situazione di emergenza, ma non sempre li utilizzano in maniera consapevole. Risultato? Tanti locatori stanno concludendo contratti ad alto rischio di censura di nullità.
Questo succede perché molti locatori si sono spostati dai c.d. affitti brevi alle locazioni di medio periodo. L’istituto di elezione sarebbe la c.d. locazione transitoria, o più precisamente il contratto di locazione di natura transitoria. Ma si tratta di una corsa estremamente pericolosa: pur di occupare gli immobili, questi vengono offerti per locazioni di medio termine e importi bassi, ignorando il rischio che la locazione potrebbe essere convertita, contro la volontà dell’ignaro locatore, in una c.d. “locazione 4+4” (6+6 se l’uso è commerciale, 9+9 se ricettivo). Un problema fino ad oggi quasi inesistente, posto che le locazioni transitorie erano caratterizzate da canoni più elevati rispetto alle “locazioni 4+4”: i locatori potevano anche disallinearsi dalle norme inderogabili, posto che la conseguenza (la trasformazione in una “locazione 4+4”) a canone alto era poco temuta.
Il nuovo fenomeno, e i relativi rischi, nascono dalla circostanza che la disciplina del contratto di locazione, in Italia, è sottratta alla libera negoziazione delle parti: la si ricava, invece, dal combinato disposto di diverse disposizioni inderogabili. Il rischio concreto è la nullità di ciascuna norma disciplinata in modo difforme e la sostituzione con quella normativamente prevista.
Per quanto riguarda le locazioni a uso abitativo, la disciplina è contenuta prevalentemente nella L. 9 dicembre 1998, n. 431. E’ poi l’art. 5 della stessa legge che disciplina i contratti di locazione di natura transitoria. La norma prevede che “le condizioni e le modalità per la stipula di contratti di locazione di natura transitoria anche di durata inferiore ai limiti previsti dalla presente legge (i.e., 4+4) per soddisfare particolari esigenze delle parti” siano stabilite da certo Decreto ministeriale.
L’ultimo è il DM 16 gennaio 2017 e ne disciplina condizioni e modalità. Sono dunque inderogabili:
- la durata non superiore a 18 mesi (art. 2 co.1 DM);
- l‘indicazione delle particolari esigenze transitorie dei proprietari o dei conduttori (art. 2 co.1 DM);
- per gli immobili ricadenti in Comuni con un numero di abitanti superiori a 10.000, l’individuazione del canone all’interno di valori minimi e massimi stabiliti per le fasce di oscillazione per aree omogenee definite da accordi territoriali (con possibilità di variazione fino ad un massimo del 20%) (art. 2 co. 2 DM);
- gli obblighi di documentazione dell’esigenza di transitorietà (art.2 co.4 DM).
L’inadempimento di tali modalità comporta (art. 2 co.6 DM) la riconduzione alla durata prevista per i contratti di locazione ordinaria (c.d. 4+4).
Il locatore che si attiene a quanto normativamente previsto non solo si svincola dalla durata ordinaria prevista dalla legge (4+4) ma può ottenere un regime fiscale agevolato.
Diventa fondamentale quindi l’esigenza di transitorietà. Secondo la giurisprudenza “ai fini di un valido ed efficace contratto locativo di natura transitoria […], occorre la sussistenza delle seguenti condizioni: 1) la previsione di una specifica clausola contrattuale che individui l’esigenza di transitorietà del locatore e/o del conduttore […]. In definitiva, o ricorrono tali condizioni e si soddisfano le dette modalità, volte a giustificare obbiettivamente la deroga alla disciplina ordinaria oppure […] il contratto locativo non può avere una durata inferiore a quella ordinaria con l’ulteriore conseguenza che, in difetto di prova dei requisiti richiesti, va ricondotto nell’alveo dei contratti di cui alla L. n. 431 del 1998, art. 2, commi 2 e 3.” (Sent. Sez II Civ. 20 febbraio 2014, n. 4075).
Il DM prevede ancora la possibilità di farsi assistere dalle rispettive organizzazioni di categoria. In mancanza, sono richieste modalità di attestazione della rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto al relativo accordo locale.
L’art. 2 co.7 infine, stabilisce che tali contratti debbano essere stipulati “esclusivamente utilizzando il tipo di contratto allegato B” (ripreso poi dai relativi Accordi territoriali). In caso di scostamento dal modello non sono però specificate le conseguenze. Sul punto discute la dottrina civilistica. C’è chi individua nello scostamento una mera irregolarità -non rilevante se in conformità con gli elementi essenziali che giustificano la transitorietà- e chi sostiene l’invalidità dell’accordo transitorio.
Diventa necessario quindi utilizzare lo strumento della locazione transitoria con una certa oculatezza e lungimiranza. Il rischio, oltre a non vedersi riconoscere la disciplina fiscale di favore, è, in caso di contestazioni, quello di rimanere agganciati ad una ordinaria e non voluta locazione di durata quadriennale e rinnovabile, e a prezzi bassi.
Fonte: Hospitality Law Lab